Programma e trame: martedì 17 mattina

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dalle 9.30

Ecologia di un delitto. Siro Angeli e Paola Drigo nella eografia infinita di Vittorio Cottafavi, I

 

LA FANTARCA 

Vittorio Cottafavi, 1968, 64'

Regia: Vittorio Cottafavi; soggetto: dal romanzo di Giuseppe Berto; libretto: Pier Benedetto Betoli; luci: Corrado Bartoloni; musica: Roman Vlad; interpreti: Iolanda Meneguzzer, Laura Zanini, Alvinio Misciano, Lino Puglisi, Riccardo Cucciolla (voce); produzione: RAI; origine: Italia, 1966-1968; formato: video, b/n; durata: 64'.

Copia digitale (da video) da Anno Uno. 

TRAMA:

Nel 2250 l'universo è diviso in due parti in guerra: il mondo del rettangolo e quello del triangolo. Un'ultima battaglia distrugge il mondo, e l'astronave Fantarca può scegliere se procedere verso Saturno o rifondare la Terra.

«È un'opera lirica composta dal maestro Roman Vlad su un libretto di Berto. Il tema è una fantasia per bambini che narra come sulla Terra, all'approssimarsi di una guerra atomica e magnetica, alcuni emigranti calabresi si imbarcano su una nave spaziale che è un vecchio catorcio, che si trasforma in una piccola arca di Noè, dato che portano anche animali. Durante il viaggio scoppia questa guerra atomica e magnetica, e il mondo va in pezzi. La nave, la "Fantarca", perde il controllo e cade sulla Terra, in un luogo che presumibilmente doveva essere la Grecia. I resti della Fantarca, con i suoi pezzi di metallo che rappresentano una potenza superiore, diventano un luogo sacro. Tutti gli uomini tornano a lavorare. Un ragazzo si incolla delle piume d'uccello sulle braccia, si dirige verso il mare, sale su un grande scoglio e prova a volare. Così ritorna Icaro: il mondo è finito, la civiltà è scomparsa, si ritorna al principio della storia e ai tentativi di volo. Il destino dell'uomo ha sempre puntato verso il volo. La musica era un felice mix di tutti i tipi di melodia, dal rondò mozartiano fino alla musica elettronica, passando per la musica concreta, la musica atonale, eccetera, senza dimenticare le parti cantate; c'era una canzone popolare calabrese, c'era di tutto».

Vittorio Cottafavi in AA.VV.,

Vittorio Cottafavi, Filmoteca National

de España, 1980

 

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alle 10:40

QUELLI DELLA MONTAGNA  

Aldo Vergano, 1942, 93'.

Regia: Aldo Vergano; supervisione: Alessandro Blasetti; soggetto: Cino Betrone; sceneggiatura: A. Blasetti, Corrado Pavolini, Alberto Spaini, A. Vergano, Vittorio Cottafavi, Raffaele Luciani, Sergio Pugliese; fotografia: Arturo Climati, Mario Craveri; montaggio: Fernando Cerchio; musica: Annibale Bizzelli; interpreti: Amedeo Nazzari, Mariella Lotti, Mario Ferrari, Nico Pepe; produzione: API/ Lux; origine: Italia, 1942; formato: 35mm, b/n; durata: 93'. Copia 16mm (da 35mm) da Cineteca del Friuli.

TRAMA:

Durante la guerra, due amici si trovano a combattere fianco a fianco sulle montagne. Entrambi sono ufficiali, ma uno è di grado superiore all'altro e questo crea qualche incomprensione. Quando il superiore rimane ucciso, l'altro comprende quanto meschini fossero i suoi dubbi sulla lealtà dell'amico.

«Vergano, nelle intenzioni, voleva fare un film che si avvicinasse al documento. Un documento in cui narrativamente c'era un problema. Il mito dell'uomo superiore, del militare ideale o idealizzato che metteva in crisi il rapporto di un giovane ufficiale con la moglie. Un mito che poi doveva inevitabilmente tramontare perché costruito, come tutte le mitizzazioni, su elementi reali, ma obliterando e cancellando tutti gli altri elementi del personaggio. Man mano che questi ultimi venivano fuori, si vedeva quanto meno mitico e quanto più uomo egli fosse. Quindi un documento con un sottofondo psicologico: la lieve, sottile storia di una crisi di rapporto tra una moglie e un marito durante la guerra. [...] Ricordo questo film come qualche cosa che avrebbe dovuto essere vietato in periodo di guerra, perché critico e deprimente... D'altra parte c'era un'esaltazione della tradizione delle truppe alpine, della solidarietà di questi uomini che vivono a così stretto contatto da aversi in pratica un completo livellamento: ufficiale o soldato, la vita è uguale. Bivaccavano sotto la tenda alla stessa maniera, si nutrono dello stesso rancio. Nel film c'era qualcosa del genere. Ma per il resto a me non sembra che fosse un film di propaganda».

Vittorio Cottafavi in Francesco Savio,

Cinecittà anni Trenta. Parlano 116

protagonisti del secondo cinema italiano

1930-1943, a cura di Tullio Kezich,

Bulzoni, Roma, 1979

 

alle 12:20

IL TAGLIO DEL BOSCO 

Vittorio Cottafavi, 1963, 56'. 

Regia: Vittorio Cottafavi; soggetto: dal romanzo di Carlo Cassola; sceneggiatura: Marcello Fondato, Giuseppe Lazzari; fotografia: Eugenio Thellung; montaggio: Franca Di Lorenzo; musica: Antonio Pérez Olea; interpreti: Gian Maria Volonté, Domenico Bartoletti, Giovanni Bartoletti, Gildo Toninelli; produzione: RAI; origine: Italia, 1963; formato: 16mm, b/n; durata: 56'. Copia 16mm da Museo Nazionale del Cinema.

TRAMA:

Vita dei boscaioli di Tirli (Grossetto), ripresi alle prese con il fitto bosco della Maremma, in uno dei tanti inverni di duro lavoro. Tra loro c'è Guglielmo, tormentato dalla recente morte della moglie, che le ha lasciato in custodia due bambine, allevate da sua sorella.

«L'atmosfera sentimentale del personaggio protagonista era molto importante: un uomo con due figli che ha perso la moglie pochi mesi prima e che si sente come se gli avessero amputato entrambe le gambe, sentimentalmente parlando; è un invalido di sentimenti, perché non riesce ad abituarsi alla morte della moglie e si dedica anima e corpo al compito di tagliare un bosco con altri boscaioli. Dopo aver lavorato così tutto l'inverno, torna a casa, ma il ricordo della moglie continua a essere vivo in lui. Al cimitero, nella scena finale, la invoca, chiedendole di concedergli la rassegnazione, e prende la strada del ritorno. Questo si poteva fare solamente con veri boscaioli e scenari reali. Così che proposi di girarlo come un telefilm,e la proposta fu accolta. Ci recammo in Toscana, a Tirli, il luogo autentico dell'azione. Localizzammo il bosco da tagliare e i boscaioli che avrebbero fatto il loro compito. Ma chi poteva interpretare il personaggio principale, esprimere la complessità dei suoi sentimenti, dargli una luce interiore? Le persone sensibili non possono liberarsi del loro dolore comunicandolo agli altri, perché non sono in grado di comunicare: in loro la comunicazione è segreta, il sentimento rimane chiuso nel profondo. Un attore che potesse riuscirci e potesse risultare credibile al fianco di reali boscaioli era Gian Maria Volonté. Possiede inoltre una straordinaria capacità di assimilare lingue e dialetti, come ha dimostrato in seguito. Lo portai a Tirli, e gli feci passare alcuni giorni con i boscaioli. Volonté si faceva leggere tutti i giorni il suo copione, per assimilare l'accento, le cadenze, e ci riuscì perfettamente. Logicamente, registrai il suono in presa diretta.».

Vittorio Cottafavi

in AA.VV., Vittorio Cottafavi,

Filmoteca National de España, 1980

 

 

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