Programma e trame: lunedì 16 pomeriggio
dalle 14:30
Germogli, II. Il trittico lacerato di Pietro Germi
UN MALEDETTO IMBROGLIO
Pietro Germi, 1959, 111'.
Regia: Pietro Germi; soggetto: dal romanzo di Carlo Emilio Gadda; sceneggiatura: P. Germi, Alfredo Giannetti, Ennio De Concini; fotografia: Leonida Barboni; montaggio: Dolores Tamburini; musica: Carlo Rustichelli; interpreti:P. Germi, Claudia Cardinale, Eleonora Rossi Drago, Claudio Gora, Nino Castelnuovo, Saro Urzì; produzione: Giuseppe Amato per Riama Film; origine: Italia, 1959; formato: 35mm, b/n; durata: 111'.Copia 35mm da Cineteca Nazionale.
precede un intervento di/with an introduction by Marina Silvestri con proiezioni di documenti su/with documents on Anna Gruber, e un'anticipazione del volume su/and a presentation of the forthcoming book on Linuccia Saba
TRAMA:
Il commissario Ingravallo indaga su un furto, ma presto si trova alle prese con un assassinio. I due crimini sono collegati e, dotato di umanità quanto di acume, risolve il caso a modo suo.
«Il commissario Ingravallo di Un maledetto imbroglio sembra avere scarsi rapporti con i precedenti personaggi incarnati da Germi. Poco o nulla lascia trasparire di sé: una cameretta in disordine, un'amante che non c'è mai. Si comporta verso gli altri con arroganza e autorità, e in questo somiglia al Nazzari de Il brigante di Tacca del Lupo, costretto anche lui per dovere a confrontarsi con una realtà diversa. Eppure, per quanto venga ritoccata l'apparenza esteriore del personaggio (gli occhiali affumicati sono come un filtro che lo protegge da una realtà sgradevole), resta l'impressione che egli sia una diretta conseguenza di Andrea Marcocci e Andrea Zaccardi: che abbia da tempo abbandonato le illusioni della famiglia e che abbia introiettato ogni dramma fino a rimuoverlo. Indurito dall'esperienza, chiuso fino all'impenetrabilità, si apre agli altri solo per mestiere: essi sono un altrove che non lo tocca e a cui guarda da un punto di vista esterno. Il racconto da soggettivo si fa qui oggettivo. Il giallo è un meccanismo di routine per consentire al commissario, e allo spettatore, di attraversare a tutto campo il territorio multiforme degli altri giocando fuori casa, fuori dalle situazioni circoscritte e protettive che definivano l'universo dei due film precedenti. [...] Con il primissimo piano del commissario nell'ultima inquadratura, Germi chiude i conti con sé e con gli altri. Conservando il suo severo classicismo ha provato in questo film a gettare lo sguardo oltre confine, nella "modernità", e se ne tira fuori».
Adriano Aprà, Per una revisione di Germi, in Lino Micciché (a cura di), Signore &
Signori di Pietro Germi.
Uno sguardo ridente sull'ipocrisia morbida, cit.
dalle 17:00
Castelli di sabbia, III. Ingoiare la luce
alla presenza di/with Bojana Burnac ́
MOJ ZˇIVOT BEZ ZRAKA (MY LIFE WITHOUT AIR)
Bojana Burnac ́, 2017, 72'.
Regia, sceneggiatura, fotografia: Bojana Burnać; Montaggio: Jelena Maksimović; Sound design: Jakov Munižaba; Interpreti: Goran Čolak; Produzione: Restart (Zagabria); Origine: Croazia, 2017; Formato: HD, col.; durata: 72'. Copia digitale da Restart.
TRAMA:
I momenti più significativi della vita di Goran Čolak, il campione mondiale nel nuoto in apnea sott'acqua:il suo rigoroso al lenamento, lo sforzo e felicità nel su perare le proprie capacità fisiche e i record mondiali, con un solo obiettivo: immergersi nell'immortalità.
«Sebbene l'apnea possa sembrare una scommessa tra la vita e la morte, la consapevolezza del proprio stato psico-fisico fornisce sicurezza che consente il godimento nel trattenere il respiro». Il film non è un documentario sportivo, ma parla piuttosto di come «i modelli psico-mentali e fisiologici del trattenere il respiro trascendono lo sport e risiedo no al centro dell'esistenza».
La regista Bojana Burnać (Sisak 1981), ha conseguito il master di operatore presso l'Accademia di arti drammatiche di Zagabria. Moj život bez zraka è il suo esordio alla regia. È una praticante dell'apnea sportiva.
alle 18:15
GLODANJE SVETLA (MILLING THE LIGHTS)
Jelena Maksimovic ́, 2012, 15' 40".
Regia, sceneggiatura, montaggio: Jelena Maksimović; Sound design: Nemanja Trećaković; Interpreti(voci): Jelena Mak simović, Dane Komljen; Produzione: Jelena Maksimović; Origine: Serbia, 2012; Formato: video, col.; durata: 15' 40". Copia digitale dall'autrice.
La regista Jelena Maksimović (Zemun 1984), laureata in montaggio presso la Facoltà di arti drammatiche di Belgrado, è un'instancabile e brillante presenza nelle opere dei più significativi registi del nuovo cinema serbo e del territorio ex jugoslavo. Il suo esordio da regista è con il corto sperimentale Glodanje svetla prosegue con Daljine (co-regia con Ivan Salatić), premiato nel 2014 al Co penha gen International Documentary Festival. Il suo primo lungometraggio, il documentario Taurunum Boy (2018), parla della formazione degli adolescenti di Zemun, sua città natale. Attualmen te insegna alla Facoltà dei media e comunicazione di Belgrado.
TRAMA:
Esordio sperimentale, emerso durante gli studi come un'esplorazione di quanto la mancanza di capacità di riconoscere attori, scenografie e dialoghi possa in fluenzare la narrazione del film. Luci, corpi, movimento. È una storia d'amore girata con una webcam rotta. Glodanje svetla è stato presentato come A/V installazione, in collaborazione con Nemanja Trećaković (sound/musica) e l'architetto Marko Salapura.
alle 19:00
Premio Anno uno. Franco Piavoli, al primo soffio del cinema
alla presenza di/with Franco Piavoli
VOCI NEL TEMPO
Franco Piavoli, 1996, 87'.
Regia, sceneggiatura, fotografia, montaggio, suono: Franco Piavoli; assistente alla regia, scenografia, costumi: NeriaPoli; montaggio del suono: GiulianaZamariola; interpreti: gli abitanti di Castellaro Lagusello; produzione: FrancoPiavoli e Laura Cafiero per Zefirofilme Immagininazione in collaborazionecon RAI; origine: Italia, 1996; formato:35mm, col.; durata: 87'.Copia 35mm da Cineteca Italiana.
TRAMA:
Anno dopo anno, il campanile di Castellaro Lagusello, piccolo villaggio lombardo, osserva il passaggio delle stagioni della vita e della natura. Le micro-storie che intessono il film emergono da una strada, da un volto, da un gesto, da un rumore o da un'ombra. La colonna sonora del film è elaborata per lasciare alla parola nient'altro che il suo valore evocativo. Una polifonia di immagini e suoni che suscitano varie riflessioni.
«La parola capolavoro si spende sempre passati molti anni. Anche noi, sul punto di pronunciare l'imbarazzante parola, la mettiamo prudentemente da parte per il futuro. Ma, capolavoro o no, vorremmo che Voci nel tempo diventasse una visita d'obbligo per tutti coloro che ogni tanto avvertono il disagio della vita che fugge senza lasciarci il tempo di guardarla in faccia».
Tullio Kezich, Un capolavoro snobbato, «Corriere della Sera»,
4 settembre 1996
«Vogliamo chiamarlo un poema audiovisivo, un cinema polifonico? È un film-fiume che scorre lento senza vortici né cascate e ha per tema il fluire delle cose e il corso del tempo, entrambi senza fine. Per lo spettatore che abbia la pazienza del cuore, l'acutezza dell'occhio, l'attenzione dell'orecchio, è un bellissimo film».
Morando Morandini, «Il Giorno»,
4 settembre 1996
«Voci nel tempo affascina per le sue immagini raffinate, che non cadono mai nell'estetismo, per il suo ritmo contemplativo, per la sua ricerca musicale e sonora. Queste voci nel tempo, senza mai ricorrere a un dialogo pienamente comprensibile (il film non ha bisogno di sottotitoli) creano una sensazione di presenza umana in cui l'emozione e la tenerezza sono costantemente controllate dalla distanza dello sguardo poetico».
Jean A. Gili, «Positif »,
n. 443, gennaio 1998
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