Programma e trame: lunedì 16 mattina

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dalle 9.30

Germogli, II. Il trittico lacerato di Pietro Germi

 

IL FERROVIERE 

Pietro Germi, 1956, 114'.

Regia: Pietro Germi; soggetto: Alfredo Giannetti; sceneggiatura: P. Germi, A. Giannetti, Luciano Vincenzoni; fotografia: Leonida Barboni;montaggio: Dolores Tamburini; musica: Carlo Rustichelli; interpreti: P. Germi (voce Gualtiero De Angelis), Luisa Della Noce, Sylva Koscina, Edoardo Nevola, Saro Urzì, Carlo Giuffrè; produzione: Carlo Ponti per ENIC/Ponti-De Laurentiis; origine: Italia, 1956; formato: 35mm, b/n; durata: 114'. Copia 35mm da Cineteca Nazionale. 

TRAMA:

L'amara esistenza del macchinista Andrea Marcocci che vede in un colpo disgregarsi la famiglia e andare a rotoli il lavoro: investito con il treno un suicida, rischia l'incidente con un altro convoglio, quindi viene isolato dai compagni per avere accettato di lavorare durante uno sciopero...

«Il ferroviere è stato fatto per loro, quelli che un tempo si chiamavano i galantuomini. Ed è un po' anche il loro ritratto. È la storia di un ferroviere e della sua famiglia: ma penso che un piccolo industriale di Treviso o di Torre Annunziata che porta il risvolto ai pantaloni non debba stentare a riconoscervisi. Mi viene in mente quella sera di due anni fa, giusto la sera di Natale, quando andando per le strade di Roma tra i lumi, le vetrine, gli odori, la gente coi pacchi,i bambini coi palloncini, in quell'aria luminosa, pungente e tenera, mi venne fatto di pensare che un'aria simile in un film non s'era respirata mai. Pensai al valore di quella speranza, di quella tenerezza, di quell'allegria ansiosa che faceva brulicare le strade. Pensai alla lunga serie dei giorni, alla rete degli affetti, alle fila di sentimenti aggrovigliati, divergenti e confusi, che quella sera si stringevano a far nodo. Pensai confusamente a una storia così, la vita del galantuomo italiano e della sua famiglia, il vino e l'amicizia, le belle e le brutte cose, l'allegria e la tristezza, le cose tenere come i bambini e quelle violente come l'orgoglio, ma soprattutto le cose confuse, inespresse, incomunicabili, che fanno la solitudine di ciascuno di noi. E poi la morte, che ad ogni istante bussa da qualche parte. La vita, insomma. E tutti gli anni viene Natale. Così nacque Il ferroviere nella malinconica allegria delle strade di Roma, il Natale di due anni fa. Una storia molto commovente. Sentimentale, ha detto qualcuno. Deamicisiana, s'è detto anche. [...] Noialtri uomini e donne coi risvolti ai pantaloni non ci vergogniamo di piangere. Anzi piangiamo spessissimo, siamo delle vere fontanelle, come dice l'indimenticabile protagonista di Marty. Del resto, anche gli eroi di Omero piangevano senza vergogna, col volto rigato di lacrime esposte al sole. Noi vorremmo che il mondo fosse popolato di uomini coi principali organi - cervello, cuore e anche ghiandole lacrimarie - al loro giusto posto. Il ferroviere non è che un film, ma è stato fatto pensando a questo».

Pietro Germi, Ho girato «Il ferroviere»

per la gente all'antica, «Oggi»,

20 dicembre 1956

 

alle 11:30

L'UOMO DI PAGLIA 

Pietro Germi, 1958, 120'. 

Regia: Pietro Germi; sceneggiatura: P. Germi, Alfredo Giannetti, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi; fotografia: Leonida Barboni; montaggio: Dolores Tamburini; musica: Carlo Rustichelli; interpreti: P. Germi, Luisa Della Noce, Franca Bettoja, Saro Urzì, Edoardo Nevola, Milly Monti; produzione: Franco Cristaldi per Vides/Lux; origine: Italia, 1958; formato: 35mm, b/n; durata: 120'. Copia 35mm da Cineteca Nazionale.

TRAMA:

Andrea Zaccardi ha quarant'anni, un lavoro come operaio specializzato, una moglie di nome Luisa e un figlio di otto anni reduce da una brutta malattia. Proprio per questa ragione Luisa porta il figlio al mare in convalescenza. Andrea rimane solo a Roma e conosce Rita.

«Il ferroviere parte dal particolare per giungere all'universale. Andrea Marcocci ha le virtù e i difetti di tutti noi. La condizione umana può essere rappresentata con tanta apertura di cuore perché circoscritta nell'ambito dei simili: la famiglia, i compagni di lavoro (lo sciopero non condiviso non sancisce una vera rottura). L'ambiente in cui si muove Andrea Zaccardi, il protagonista de L'uomo di paglia, è molto simile. [...] Germi conserva in questo film l'equilibrio classico del precedente ma lo sottopone a un processo di depurazione che equivale per lui quasi a uno slittamento verso la modernità, che nello stesso periodo Antonioni afferma ne Il grido. Questo Andrea è più chiuso in sé dell'altro, gli amici sono meno indispensabili, un tavolo d'osteria e un litro di vino non riempiono il tempo libero. Qualcosa di impercettibile incrina l'armonia della famiglia. Questo non detto assume, imprevisto, il volto di Rita (Franca Bettoja). Con lei entra prepotente nel cinema di Germi la presenza dell'"altro", escluso de Il ferroviere e dissimulato ne Il testimone. Rita abita nel caseggiato di fronte a quello di Andrea, appartiene allo stesso ceto sociale: la sua diversità non allude a un altrove. È lo specchio in cui Andrea scopre nel profondo di sé qualcosa di misterioso di cui non sospettava l'esistenza: il proprio "femminile". In un cinema dominato da un'etica maschile, in cui la donna ha un ruolo subalterno, gli occhi inquieti di questa ragazza ribelle e angosciata dalla vita introducono una dimensione inedita. La sua apparizione sulla spiaggia di Fiumicino libera un sentimento che si rivela nel corso del film più come l'incentivo per analizzarsi che come un autentico amore».

Adriano Aprà, Per una revisione di Germi,

in Lino Micciché (a cura di), Signore &

Signori di Pietro Germi. Uno sguardo ridente sull'ipocrisia morbida,

Lindau, Torino, 1997

 

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