Un uomo a metà

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14.30

Un certo anno. 68 tra 67 e 69


Un uomo a metà Vittorio De Seta, 1966, 93'.


UN UOMO A METÀ

Regia, soggetto: Vittorio De Seta; sceneggiatura:

Fabio Carpi, Vera Gherarducci,

V. De Seta; fotografia: Dario Di Palma;

montaggio: Fernananda Papa; musica:

Ennio Morricone; interpreti: Jacques

Perrin (voce Pino Colizzi), Lea Padova -

ni, Ilaria Occhini, Gianni Garko, Rose -

mary Dexter, Pier Paolo Capponi,

Francesca De Seta; produzione: V. De

Seta; origine: Italia, 1966; formato:

35mm, b/n; durata: 93'.

Copia 35mm da Cineteca Nazionale.



«Il film è derivato da una crisi, da un sentimento di dubbio, di cautela, verso

gli atteggiamenti "impegnati". Solo un bisogno di revisione, una battuta d'arresto,

per poi magari "impegnarsi" di più, ma senza "proiezioni". Un bisogno

radicale di cercare prima di tutto dentro di sé le cause dei conflitti, di risolverle

dentro di sé, non "proiettare" in tutti i sensi, cioè alienarsi anche in quel

senso. Mi sembra che questo sia un problema cruciale, oggi. Siamo abbagliati

dalla nostra civilizzazione, confondiamo i mezzi con i fini, pensiamo

per esempio che la televisione sia un progresso in sé e non ci rendiamo

conto che può essere un regresso se trasmette caroselli, che può diventare

un flagello se capita nelle mani di un Hitler, di un Goebbels. La civiltà dei

consumi, la cultura di massa sta diventando un flagello perché colloca l'individuo,

lo annienta, ne disgrega la personalità, ne impedisce l'affermazione

ed in definitiva distrugge nell'individuo, nella sua personalità, l'unica, l'ultima

salvaguardia. Mi sembra che tutto ciò che è stato detto d'importante, di sano,

di umano, sino ad oggi, confluisca verso questa tesi. Per questa ragione, in

quest'epoca di folle estroversione mi ha interessato fare un film sulla introspezione,

in quest'epoca di astronauti, raccontare la storia di un "entronauta". La

sceneggiatura era molto più lunga e descriveva anche la crisi del protagonista,

le conseguenze di essa rispetto al contesto sociale, il lavoro, ecc. Purtroppo i film non posso durare più di due

ore ed i mezzi a disposizione per fare un film indipendente sono comunque

sempre scarsi. Di conseguenza il film si è intimizzato al massimo grado, racconta soltanto le "cose di dentro", la

crisi del protagonista a causa dei suoi complessi, dei quali si libera con un

processo di auto-analisi, per integrarsi nel senso individuale cioè esattamente

nel senso opposto per il quale si usa questo vergo oggi. Il protagonista conosce la propria parte "ombra", come

direbbe Jung, si accetta, dolorosamente, si integra, diventa uomo».

Vittorio De Seta, Situazione in agosto,

in Filippo M. De Sanctis, Un uomo

a metà di Vittorio De Seta,

Cappelli, Bologna, 1966

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