Gloria
Ore 16.45
Autant qu'était Lara. Presenze di donna in un cineasta furioso, I
Gloria Claude Autant-Lara, 1977,
115', anteprima italiana.
alla
presenza di/with Valérie Jeannet e/and Jean-Pierre Bleys
Regia: Claude Autant-Lara; soggetto: dal romanzo di Solange Bellegarde [Solange Beaugiron]; sceneggiatura: C. Autant- Lara, Jean Halain; fotografia: Wladimir Ivanov; montaggio: Monique Isnardon, Robert Isnardon; musica: Bernard Gérard; interpreti: Valérie Jeannet, Sophie Grimaldi, Nicole Maurey, Maurice Biraud, Andrée Tainsy, Dorothée Jemma; produzione: Alain Poiré per Production 2000/Gaumont; origine: Francia, 1977; formato: 35mm, col.; durata: 115'. Copia DVD (con correzione colore da 35mm) in accordo col direttore di foto- grafia Wladimir Ivanov.
«Gloria, l'ultimo film di Autant-Lara, è così ben costruito che ci si rende conto della struttura solo a posteriori. L'artificio che nasce dal flashback fa infatti corpo unico con la storia, e pur essendo stato impiegato più volte, non provoca quelle spiacevoli distrazioni che affliggono anche alcuni dei migliori film raccontati tramite flashback. Gloria racconta una storia che avrebbe potuto essere filmata da Mizoguchi o dal John Ford di Sentieri selvaggi: un ragazzo orfano, cresciuto dal nonno (si tratta di fatto di un figlio illegittimo), viene al- lontanato dalla Francia al momento della dichiarazione di guerra del 1914. Viene così separato anche dalla picco- la compagna che sua madre, attrice di teatro, invia in una pensione in Svizzera, dove le saranno nascoste tutte le lettere inviate ragazzo. Dopo la guerra, Jacques, diventato ormai un giovane uomo e accompagnato dalla fidanzata americana che sta per sposare, ritrova la giovane compagna della sua infanzia, che adesso danza La Mort du cygne di Saint-Saëns in un teatro di varietà, sotto i fischi del pubblico. [...] Quando vediamo Gloria danzare imperturbabile la morte del cigno, accompagnata dai fischi degli spettatori in cerca di numeri ben più crudi, assistiamo a una limpidezza di découpage, a inquadrature dalla durata così precisa, a una drammatizzazione così bene articolata in pia- ni, che si è portati a ricordare i grandi film che hanno fatto del teatro una metafora della vita, come Luci della ribaltà e Il teatrino di Jean Renoir. Film in cui dialogano realismo e fantasia, e in cui la storia stessa, esposta in una nu- dità che non ha bisogno di essere sostenuta da trovate brillanti o seducenti, sintetizza una visione del mondo in cui si possono leggere chiaramente le contraddizioni dei personaggi, ai quali l'autore presta le passioni più ardenti con le quali egli stesso ha lottato e che quindi conosce in prima persona».
Jean-Claude Biette, Imaginez deux enfants, «Cahiers du Cinéma», n. 282, novembre 1977
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