Buio in sala
Domenica 20 settembre 2015 ore 18.00 Teatro Miela
Buio in sala
di Dino Risi, 1948
Dino Risi, in questo suo secondo lavoro da regista, descrive la disoccupazione nella Milano del 1948. Un commerciante impacciato e un po' depresso acquista un biglietto del cinema, si siede in platea, accende una sigaretta e guarda un film western. Vengono inquadrati i volti e i gesti dell'operatore e dei vari spettatori (una coppia che amoreggia, un cieco col suo accompagnatore, degli adolescenti che mimano le scene d'amore del film, ecc.). Alla fine dello spettacolo il signore, visto nelle inquadrature iniziali, esce sorridente dalla sala cinematografica e si incammina nella città nella quale sono ancora visibili i segni dei bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Dal visto censura: «Cammina, in una strada di Milano, un uomo, come tanti nella grande città. Cammina, con la borsa di finta pelle, da una strada all'altra, da un negozio all'altro, a offrire spazzole, o articoli di bigiotteria. È un vinto, uno di quelli che la vita, con un lavoro paziente di tutte le ore, di tutti i minuti, ha spinto ai margini. La lotta quotidiana è difficile, per uomini come lui che mancano di coraggio, autorità, fiducia in se stessi. Ma ci sono per fortuna, nella città, dei luoghi fatti apposta per dimenticare e per dimenticarsi. Ecco perché il nostro viaggiatore di commercio va al cinematografo: per cambiare pelle, uscire dalla vita di tutti i giorni, viaggiare, vedere donne belle, amare, riuscire nella vita. Nella cabina l'operatore mette in macchina la pizza: egli è forse l'unico che non crede alle favole che, a ore fisse, la macchina dei sogni offre al pubblico pagante. Finita l'operazione, spegne la luce in sala. Lo spettacolo comincia. Ma noi non guardiamo lo schermo, teniamo gli occhi sul pubblico. La colonna sonora ci manda le voci dello schermo del film-tipo che si va proiettando: c'è tutto, il dialogo crudele dei gangster, la paura, gli spari, le fughe, la musica, le risate, le furiose cavalcate: le parole d'amore e il bacio finale. Il pubblico guarda, piange, ride, aspetta e si dispera. E il nostro eroe pian piano lievita, esce dalla sua apatia, anche lui partecipa, ha il cuore in gola, e freme e ride e si commuove. Così, quando il film è finito, è un altro uomo quello che esce alla luce del giorno: un uomo che sorride e cammina a testa alta. Fuori la vita reale lo aspetta, il denaro difficile, gli amori impossibili. Ma quel film a qualche cosa è servito. Ha dato, al nostro scalcinato viaggiatore di commercio, un po' di coraggio. Una piccola iniezione di energia che gli servirà a tirare in porto, alla bell'e meglio, anche questa grigia, interminabile giornata».
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