Die Sünderin
Copia 35mm del Goethe Institut.
«Non è varie cose che vorrebbe essere. Voleva essere troppo: un film sull'eutanasia, un film sulla prostituzione, la tragedia di un artista, una panoramica sul tempo... Voleva essere attuale e realistico (mentre ricade, talvolta, nel più bello stile makkartiano), voleva essere sommesso (e presenta accanto a passaggi autenticamente delicati, una ridicola orgia da Trümmerfilm – i film girati tra le macerie postbelliche – e provocanti nudi), voleva parlare d'arte (e lo fa, talora, con scene di nudo che appaiono come puro naturalismo da rivista patinata). Quante cose voleva essere! Ma una lo è di certo: un film magistrale. [...] Per quanto speculativo e sentimentale sia il suo contenuto, altrettanto lodevole ne è la forma. Come il ritmo delle immagini pulsa e vive, come visione e suono si dividono, si ritrovano e interagiscono a mo' di contrappunto, come silenziosi accessori di scena e mute immagini dicono più di un dialogo, come il regista taglia, dissolve e monta le scene, come la cinepresa sa incantare, con una cifra simbolistica ma senza triviali effetti a sorpresa, come la vicenda si compone raffinatamente in un'unità artistica mediante i tanti flashback: il film è nella sua totalità un prodotto (nonostante alcuni deragliamenti) con cui Willi Forst raggiunge un picco della sua bravura. Questo, e l'intensità insolitamente eloquente di Hildegard Knef, la valida accuratezza di Gustav Fröhlich, la pregnanza dei comprimari: tutto l'insieme costituisce, formalmente, un modello esemplare di film artistico». (Gunter Groll)
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