Valeria dentro e fuori
Regista - Director:
Anno - Year:
1972
formato - format: 35mm, col; durata - length: 99’.
Copia BetaSP (da 35mm) della Cineteca Nazionale.
«Se Elio Petri è l’autore “delle nevrosi”, Brunello Rondi è maestro nel farle degenerare (o almeno così dice lui). E, infatti, dopo Il demonio, Domani non siamo più qui e il recente Le tue mani sul mio corpo, il “regista dei pazzi” torna dietro alla macchina da presa per dirigere V... come Valeria [titolo di lavorazione], una specie di dramma-inchiesta sulle implicazioni medico-sociali dello squilibrio psichico. Il film narra di Valeria (l’attrice Barbara Bouchet), giovane donna borghese che vive nell’ossessione di un ricorrente trauma infantile. Valeria è sposata con un “uomo di successo”, un musicista elettronico (Pier Paolo Capponi) che non sa né soddisfarla né alleviare le sue pene. Valeria affonda così sempre più nelle sue deformazioni patologiche, smembrando giorno per giorno il proprio io, e ponendosi sempre più al di fuori di ogni borghese apparenza. La schizofrenia le procura violente crisi d’insoddisfazione e un giorno arriverà al punto di sedurre suo cognato durante un tragitto in ascensore. A seguito di ciò, il marito la farà internare in una casa di cura, reparto erotomani... Comincia così il lungo viaggio di Valeria attraverso un mondo disumano, delirante, che la trascina sempre più verso l’autodistruzione in un interminabile conflitto umano. Nella clinica, i pazienti vivono come cavie: viene loro pratico di continuo l’elettrochoc e suadenti musichette li condizionano ad ogni quotidiano meccanismo... Vedremo. Brunello Rondi ci rassicura; il contenuto del film sembra implicare serie denunce; però abbiamo appreso che il produttore intenderebbe cambiare il titolo in Il lungo desiderio... In tal caso il regista dovrà forse fare una denuncia in più».
d.g., Nevrosi ed erotismo per Barbara
Bouchet, «L’Unità», 17 marzo 1972
«Valeria dentro e fuori, che riprende la Schurer (forse ipotizzata addirittura per il ruolo di protagonista) e incontra Paola Corazzi per una serie di piccoli ruoli, trova soprattutto una Barbara Bouchet la cui interpretazione è davvero degna dell’intensità delle interpreti della fase femminile di Bellocchio, prolungando anche la Daliah Lavi a gambe divaricate di Il demonio e offrendosi alla scopofilia di una torcia come la Buccella alla lente d’ingrandimento e la Descombes alla cinepresa. Gli interpreti maschili (Capponi e Raho) sono piuttosto sulla linea dell’ottusità di altre presenze italo-maschili nei film di Rondi (ma anche in quelli di Bellocchio talvolta accostati ai corpi di un altro mondo femminili), mentre Claudio Gora ha una tenera figura di folle, e si aggiungono ancora Rosemarie Lindt, Maria Mizar, Carla Brait e altre di credit impreciso. Ma forse nessun film di Rondi è centrato su una presenza come questo. È la presenza della Bouchet, capace di travolgere il paradigma psicocriminologico della sceneggiatura, di mutarsi da sociologica pazza a folle nel proprio corpo d’attrice generosamente nuda e scalza. Non appare casuale che questo sia il primo di una serie di film rondiani fantasmatizzati in apocrife versioni hard per l’estero, ahimé affidantisi soprattutto alle pratiche dell’insert. Ma proprio con questo film Rondi pare acquisire una forza di regia oltre i suoi stessi interventi di sceneggiatura: non in tutti i film successivi la conserverà ma essa tornerà nei film di cui sarà maggiormente convinto».
Sergio Grmek Germani, in Stefania Parigi,
Alberto Pezzotta (a cura di),
Il lungo respiro di Brunello Rondi,
Sabinae, Cantalupo in Sabina (RI), 2010
Il lungo respiro di Brunello Rondi,
Sabinae, Cantalupo in Sabina (RI), 2010
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