Genet Jean
Nato a Parigi nel 1910, ladro, delinquente e prostituto, entra ed esce dalle prigioni e dalle bische, facendo di sé l’emblema di un marginale attratto dal male, dalla perversione, e paradossalmente dalla santità. Da un’esistenza di carcerato lo salva Jean-Paul Sartre, dopo aver letto un suo manoscritto ne scrive una prefazione fiume e lo spinge a coltivare ancor più la scrittura: nascono così la tetralogia romanzesca di Notre-Dame-des-Fleurs, Le miracle de la rose, Querelle de Brest, Pompes funèbres, con l’appendice autobiografica di Journal du voleur; e i testi teatrali Les Bonnes, Haute surveillance, Le Balcon, Les Nègres, Les Paravents. È un’opera in cui la finzione s’impasta all’autobiografia, in cui una scrittura ricca e sensuale nobilita una materia brutale e abietta: così è anche l’unico film girato da Genet, Un chant d’amour (1950). Negli ultimi vent’anni di vita (muore a Parigi nel 1986) si dedica alla lotta politica, appoggiando le Black Panthers, i palestinesi, le rivendicazioni femministe, senza smettere di dare scandalo con le sue posizioni sempre estreme.
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