UN CERTO GIORNO
Roma, Cinema Trevi - Cineteca Nazionale
Ore 21.00
Presentazione del festival con il direttore Sergio M. Grmek Germani e con i collaboratori artistici presenti / Introduction to the festival programme with the festival director and with members of the programme board and friends of the festival
Un certo anno. 68 tra 67 e 69
Un certo giorno Ermanno Olmi, 1968, 102'
Regia, sceneggiatura, montaggio: Ermanno Olmi; fotografia: Lamberto Caimi; musica: Gino Negri; interpreti: Brunet- to Del Vita, Lidia Fuortes, Vitaliano Da- mioli, Raffaele Modugno; produzione: Cinema/Italnoleggio; origine: Italia, 1968; formato: 35mm, col.; durata: 106'. Copia 35mm da Cineteca Nazionale.
Un uomo di mezza età Borghese di nome Bruno ottiene il lavoro del suo capo. Il film esamina la sua sensibilità verso il suo vecchio boss, che non vuole ferire, verso i suoi dipendenti, e verso la moglie e la padrona.
«In un certo giorno: proprio quando tutto sembrava più facile. Un piccolo rumore, poi di nuovo la quiete. Il protagonista è alla guida dell'auto, è con- tento di sé e del futuro che lo attende (gli hanno appena proposto la nomina ad amministratore delegato nella società in cui lavora), eppure, in un attimo, tutto si complica. "Cosa è stato?" "Ho sentito un colpo. Come una sassata". [...] Lui sa, sente, che qualcosa è accaduto. Allora torna indietro, a piedi, fino alla curva, e finalmente - quasi come l'avesse evocato - vede l'uomo che ha in- vestito, nella neve, e che di lì a poco morirà in ospedale. Per il protagonista quell'evento modificherà radicalmente la sua vita, per il film quella scena è il punto di svolta che lo fa diventare "altro", e che segna una netta discontinuità narrativa e stilistica. [...] In un cinema come quello di Olmi, quasi sempre contrassegnato dal "parlare sommesso" e da un sottotono espressivo, Un certo giorno è viceversa un film che "grida" proprio per l'uso particolare che fa del silenzio e per la drastica rottura dei tempi narrativi, un film a suo modo estremo per il pessimismo che non lascia scampo. Il film racconta la presa d'atto di una crisi individuale che è già nelle premesse, e la colloca sullo sfondo di una sconfitta più complessiva, che riguarda la società industriale e la patologia dei comportamenti umani che essa determina. La presa d'atto arriva, come abbiamo visto, con un evento improvviso che spezza una calma apparente e infida, un evento violento, come "una sassata" (che doveva anche essere il titolo originario del film). La sassata è quella che percuote e frantuma il cri- stallo di un vetro, ma anche quella gettata nell'acqua di uno stagno, che fa muovere cerchi sempre più larghi, o che fa venire in superficie la materia più torbida. Olmi mostra nel film entrambi gli effetti. C'è il soprassalto morale del protagonista (il rispecchiarsi nel vuoto della sua vita, i rimpianti, i sotterfugi, i tradimenti, un'infelicità di fondo) e c'è l'analisi sociale che, via via, e grazie soprattutto ai personaggi di contorno [...], si allarga e fotografa l'Italia nevrotica e infelice alla vigilia del '68. [...] Un certo giorno è davvero uno dei film più espliciti e preveggenti nei riguardi della società italiana alla fine degli anni Sessanta: l'abbandono delle campagne, il dominio del mercato, le trasformazioni sociali violente, la perdita di valori importanti, il trionfo del consumismo, l'alienazione».
Piero Spila, Un certo giorno, in Adriano Aprà (a cura di), Ermanno Olmi. Il cinema, i film, la televisione, la scuola, Marsilio, Venezia, 2003
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