La Salamandre
Sceneggiatura - Screenwriters: Alain Tanner, John Berger
Fotografia - Cinematography: Renato Berta
Montaggio - Editing: Brigitte Sousselier, Marc Blavet
Suono - Sound: Marcel Sommerer, Gerard Rhône
Musica - Music: Patrick Moraz and the Main Horse Airline Group
Interpreti - Cast: Bulle Ogier, Jean-Luc Bideau, Jacques Denis
Produzione - Production: Alain Tanner e Gabriel Auer per SvoCiné (Ginevra - Geneva)
Formato - Format: 16/35mm, b/n
Durata - Length: 128'
Origine - Origin: Svizzera 1971
La Salamandre ha dato a Alain Tanner la fama e il suo primo trionfo pubblico. Presentato nel 1971 al Festival di Cannes nella sezione "Quinzaine des réalisateurs", il film impone al mondo intero il tono e il vigore radicale del nuovo cinema svizzero di cui Tanner si dimostra il regista emblematico. La sceneggiatura del film parte dall'esperienza del regista come reporter per la televisione svizzera dal 1965 al 1968. La Salamandre si apre con una sequenza d'immagini emblematiche, care alle odierne ricostruzioni televisive: un uomo pulisce il suo fucile, parte un colpo; furtivamente appare il viso di una donna. Cos'è successo? Quest'incipit misterioso è un pretesto per Tanner per costruire una sceneggiatura metaforica: due uomini, un giornalista ed uno scrittore si lanciano in un'inchiesta per scoprire la verità su questa donna. Ognuno utilizza le sue armi: l'investigazione documentaria per uno, l'immaginazione illimitata per l'altro. Ma, piano piano, i loro sforzi si rivelano vani. In realtà l'incontro con il loro centro d'interesse, Rosemonde, annienterà il loro scopo, la ricerca della verità. Nascerà un trio di personaggi liberi e critici che sostituirà il freddo e laborioso esercizio della verità.
La bellezza del film nasce dalla sua capacità di creare un senso senza mai appoggiarsi su un messaggio: il Vero vince su ogni sforzo di conquistarlo, la verità-programma di tutto il cinema moderno da Citizen Kane per il quale La Salamandre è la risposta svizzera. Recitata da Bulle Ogier, Rosemonde rimane un'incarnazione unica della libertà d'essere post-68.
Frédéric Bas
The Salamander brought Alain Tanner acclaim and his first public triumph. Presented at the Cannes Film Festival in the ‘Quinzaine des realisateurs' section in 1971, the film made the world aware of the abrasive tone and energy of the new Swiss cinema, with Tanner as its emblematic director. The scenario derives from Tanner's experience as a journalist/reporter for Swiss television between 1965 and 1968. The Salamander begins with a succession of enigmatic images of the kind very much favoured by today's TV reconstructions: a man is shown cleaning his gun; the gun goes off; furtively, a woman's face appears. What is happening? On this mysterious opening, which serves as a pretext, Tanner builds a metaphorical scenario: two men, a journalist and a writer, throw themselves into the investigation to find out the truth about this woman. Each uses his own weapons: documentary research in one case, boundless imagination in the other. But gradually, both courses of action prove futile. As it turns out, the encounter with their subject, Rosemonde, ruins their studied efforts to discover the truth, and the emergence of a trio of free, critical individuals supersedes the cold, laborious exercise in truth-seeking. The beauty of the film lies in its capacity to make sense without ever hammering the message: reality outruns all efforts to grasp it, the thesis of all modern cinema since Citizen Kane, to which The Salamander is a kind of Swiss response. Played by Bulle Ogier, Rosemonde is still a definitive incarnation of post1968 freedom.
Frédéric Bas
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