I Mille occhi XII

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I mille occhi - Festival internazionale del cinema e delle arti giungono alla XII edizione, che si svolgerà al Teatro Miela di Trieste dal 13 al 17 settembre, con la preinaugurazione della mostra Caielli allo Studio Tommaseo il giorno 12 e un'anteprima a Roma il 10 e 11 settembre al Cinema Trevi della Cineteca Nazionale. Il maggior archivio italiano è infatti da cinque anni main partner del festival accanto alla Cineteca del Friuli di Gemona, e offre al festival l'opportunità di un'importante presentazione romana. Il rapporto con gli archivi sottolinea la formula inedita del festival, ben percepita dall'attenzione di testate internazionali quali "Sight and Sound" e sempre più convintamente anche dal pubblico: si tratta in sintesi del superamento delle distanze tra film di ogni epoca, offerti ai nuovi spettatori di oggi e di domani con libertà di sguardo e gioia della scoperta.

Cineasti giovani come i francesi Thomas Jenkoe e Diane Sara, o come gli italiani, Roberto Caielli, Nicola Vicidomini e Miona Deler tutti presenti al festival, s'intrecceranno con omaggi a cineasti del passato, trattati anch'essi come cineasti per il pubblico di oggi. Il Premio Anno uno, che come ogni anno concluderà il festival, segnalerà stavolta un cineasta italiano, il siciliano Franco Maresco, di cui verrà proiettato l'ultimo film "Io sono Tony Scott", insieme ad alcune anticipazioni del nuovo film che Maresco sta montando. Affermatosi in coppia con Daniele Ciprì nella provocatoria televisione di Cinico TV, Maresco diventa anche uno dei più provocatori cineasti italiani (tra l'altro con "Totò che visse due volte", che il festival ha adottato come titolo della sua dodicesima edizione). Diventando regista in proprio con "Io sono Tony Scott", Maresco fa un salto ulteriore verso un cinema di grande splendore e intensità: attraverso la figura del grande jazzista americano che l'Italia non seppe valorizzare, il film compie un feroce viaggio in un paese degradato quale è considerata l'Italia di oggi. Maresco parlerà al festival anche del suo progetto mancato sul triestino Lelio Luttazzi, altro musicista da lui amato.

Poiché la precedente edizione del festival fu segnata dalla riscoperta in profondità dell'opera di Zurlini, il festival ne ha colto lo spunto per un viaggio nel cinema italiano più marcato dall'opera di questo grande regista.

La serata inaugurale sarà quindi dedicata al cineasta che Zurlini sentì più vicino, il Pasolini di "Il Vangelo secondo Matteo", che sarà proiettato alla presenza del protagonista Enrique Irazoqui.

Altro percorso a partire da Zurlini sarà dedicato al cineasta veneziano Gianni Da Campo, di cui verranno proiettati i tre unici lungometraggi e un cortometraggio, alla sua presenza.

Zurlini (anche per la sua messinscena da Silone) è con Da Campo e Pasolini tra i cineasti non credenti più volte attratti da temi religiosi. Il programma li presenterà insieme ad altri film italiani che hanno toccato liberamente temi religiosi, da "Francesco giullare di Dio" di Rossellini a "Peppino e Violetta" di Cloche, il film italiano più amato da John Ford.

La rassegna li unirà ad alcuni preziosi documenti, come il film "ufficiale" del Concilio Vaticano II realizzato da Antonio Petrucci, il film di Romolo Marcellini "Guerra contro la guerra" (protagonista Pio XII) e la diretta televisiva della messa di Paolo VI per Aldo Moro.

Seguendo questi percorsi a partire da Rossellini, Pasolini e Zurlini, il festival vuole riscoprire la forza di un cinema italiano (che Maresco oggi riprende) in cui si affronta il rapporto tra fede e assenza di fede non come scelta aprioristica ma nella capacità del cinema di riferirsi alle presenze fisiche che sono il territorio imprescindibile di ciò che è il cinema. Il segmento del programma prende il titolo-sfida "Salvare i corpi", perché da Dreyer a Zurlini il cinema ha sempre unito il destino delle anime a quello dei corpi. E, in questo momento di passaggio dall'analogico al digitale, la rassegna segnalerà anche l'imprescindibile fisicità delle immagini analogiche, di cui anche il digitale deve recuperare la forza.

Il programma dedicherà particolare attenzione anche ad alcune figure che collegano il cinema italiano con Trieste. Saranno completati gli omaggi a Lia Franca e Laura Solari, e il trittico di affascinanti attrici triestine includerà inoltre un omaggio a Federica Ranchi, che sarà presente al festival.

Ci si soffermerà inoltre sugli Studi Ceria, costruiti negli anni 60 alla Fiera di Montebello, quale unica casa di produzione con studi cinematografici mai operante a Trieste. In programma il dittico di Leonviola "Le gladiatrici" e "Taur il re della forza bruta", girato anche alle grotte di Postumia.

Un omaggio "triestino" ulteriore sarà dedicato a Tino Ranieri, critico importante quanto i più noti Kezich e Cosulich, accanto a cui fu tra anni '50 e anni '70 una figura meno appariscente ma non meno significativa. Il suo interesse per il western, condiviso con Kezich, lo portò anche alla narrativa per ragazzi, precedendo la nascita del western all'italiana. L'omaggio avverrà alla presenza di Franco Giraldi, di cui verranno proiettati il primo e l'ultimo western.

Da Trieste all'Adriatico, il programma include l'anteprima di un omaggio al cineasta pugliese Francesco De Robertis, più volte attivo nella parte settentrionale dell'Adriatico, tra Laguna Veneta e Quarnero. L'omaggio sarà introdotto dal critico Maurizio Cabona.

Tra i molti altri punti del programma, verrà realizzato un omaggio al collezionista coneglianese Attilio Cappai, la cui raccolta è stata acquisita dalla Cineteca di Gemona. Se ne vedranno alcune copie particolarmente rare, come "Voglio vivere così!" di Mattòli e "Le verdi bandiere di Allah" di Gentilomo.

Il festival, diretto da Sergio M. Germani con la collaborazione di importanti critici italiani e internazionali, è diventato ormai un appuntamento imprescindibile per gli appassionati, ai quali propone un programma in cui il gusto della scoperta s'intreccia a ogni momento col piacere della visione. Nella certezza che il pubblico di oggi, stanco della routine del già noto, cerchi piuttosto l'apertura verso l'ignoto.

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