Europa ’51
Copia 35mm (restauro prima versione) della Cineteca Nazionale.
«Ho avuto l'impressione che fino a un certo punto del film, magari senza accorgercene, magari con un'adesione anche molto critica, tendiamo a identificarci con la figura di Andrea, il comunista, perché è l'unica positiva, quella che, nel contesto del film, porta avanti il discorso politico più avanzato. Ma da un certo momento in poi siamo obbligati a fare un salto e a renderci conto che all'interno del film Andrea non si stacca affatto dagli altri borghesi. Tanto che alla fine, davanti alla clinica dove Irene è stata rinchiusa, ci sono due gruppi: i ricchi e i poveri. Tra i primi, che ritengono Irene pazza, c'è anche Andrea. I secondi, anch'essi non hanno capito niente, perché la ritengono invece una santa. Sono visti criticamente, senza illusioni populistiche. Ora a me pare che Irene non sia né santa né pazza: forse è una folle. Irene compie un gesto, e il film è la storia di questo gesto: il rifiuto dell'ideologia come falsa coscienza. Non segue Andrea nella milizia nel PCI, non si lascia reintegrare dall'ambiente da cui proviene. Sceglie di fare fino in fondo quella che noi oggi chiamiamo pratica sociale: va nei ghetti operai, nella fabbrica, a contatto con la prostituzione e con la rapina, e finisce in un manicomio; cioè in tutte le trappole del sistema dove viene praticata l'esclusione. La follia di Irene è poi la follia degli Apostoli, un tipo di follia che significa rifiuto della razionalità del sistema che l'opposizione esclusivamente partitica e parlamentare ha fatto propria, almeno in parte».
nuova edizione a cura di Adriano Aprà, Diabasis, Reggio Emilia, 2009
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