Non è
naturalmente una dichiarazione di voto, non solo perché
statutariamente a un'associazione apartitica essa non sarebbe
consentita, ma prima di tutto perché siamo da sempre convinti che
chi fa cultura (cinematografica e non soltanto) deve far emergere dal
campo che gli compete il massimo di informazioni e conoscenze, tali
da consentire al proprio pubblico di fare scelte più informate e
consapevoli di come le avrebbe fatte in assenza della nostra
attività. Come ben si vede, non è un'ambizione da poco, ma
riteniamo sia un'impresa necessaria, tantopiù per chi si occupa di
cinema. Il cinema è infatti, tra tutte le arti, la più legata al
rapporto con la realtà. E non è un caso che il cinema italiano sia
stato, al di là dei diversi poteri politici dominanti, non solo un
testimone ma un interprete, più lungimirante e acuto della politica,
nel rapporto con il nostro vivere da cittadini, il nostro far parte
di una dimensione sociale. Questa capacità, dagli anni '30
all'inizio degli anni '80, quindi in epoche con poteri di riferimento
diversi, il cinema italiano ha saputo averla. Negli anni più recenti
essa è ancora presente ma nelle eccezioni, nei film e negli autori
più estranei alle regole, non fa più parte del tessuto stesso
(variegato e contraddittorio quale fu) dell'insieme del cinema
italiano, come appunto avveniva negli anni precedenti. Basti
ricordare che nei primi anni del secondo